Consigli per aprire un Ambulatorio Infermieristico

Consigli per aprire un Ambulatorio Infermieristico

Consigli per aprire un Ambulatorio Infermieristico.

Si parla spesso di libera professione infermieristica e della possibilità, come per i medici. Di mettersi in proprio e di aprire un centro di cura capace di accogliere i propri pazienti in un ambiente confortevole e all’avanguardia. Sono nati in Italia da qualche anno i primi Ambulatori Infermieristici.

I consigli per aprire un ambulatorio Infermieristico

Esempio di ambulatorio infermieristico

Da alcuni anni si continua a parlare della possibilità per gli Infermieri di dotarsi di P.Iva e di mettersi in proprio aprendo un’attività assistenziale: un Ambulatorio Infermieristico. In pratica una vera e propria impresa con tanto di fatture e di fatturato, di clienti e di servizi di gestione dei clienti, di una struttura fisica e di mezzi per spostarsi rapidamente sul territorio.

Ogni anno, come si legge in una recente informativa della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI (recuperando i dati forniti dal Censis nel 2015), si rivolgono agli Infermieri (spesso liberi professionisti) circa 8.7000.000 di cittadini italiani o di stranieri in Italia. Si tratta del 17,2% dei maggiorenni che vivono nel nostro Paese.

Il dato non è ottimo, anzi

Infatti, potenzialmente, la domanda di assistenza infermieristica sul territorio potrebbe riguardare:

    1. 3,1 milioni di utenti non autosufficienti;
    2. 9,1 milioni con patologie croniche;
    3. 5,6 milioni di anziani affetti da una o più patologie di lungo corso.

In totale 17,8 milioni di potenziali clienti che per oltre la metà preferiscono ancora rivolgersi al medico o ad altri professionisti della salute per pratiche assistenziali che afferiscono alle competenze degli Infermieri.

L’orientamento del Sistema Sanitario Nazionale – e di quelli Regionali – non è stato mai così chiaro come negli ultimi anni:

    1. occorre garantire la maggiore efficienza possibile;
    2. le dimissioni dagli ospedali devono essere precoci;
    3. le prestazioni Infermieristiche possono sostituire in gran parte quelle mediche.

Ciò mentre sono in essere un progressivo ed ormai evidente invecchiamento della popolazione e un aumento dei quadri poli-patologici con compromissione dell’autonomia degli stessi.

Mettersi in proprio aprendo uno Studio Infermieristico

Facile a dirsi, un po’ più complicata l’attuazione dell’idea imprenditoriale. L’Infermiere Libero Professionista non nasce per caso, ma da una scelta motivazionale profonda e dalle effettive richieste del mercato.

Requisiti Ambulatorio privato

L’ambulatorio infermieristico dovrà essere costituito da almeno un locale con una superficie di 12 mq, provvisto di lavandino; una sala di attesa; un servizio igienico a esclusivo uso dello studio, al quale si possa accedere anche dalla sala di attesa. l locali dovranno avere avere pavimenti di materiale impermeabile, facilmente lavabile e ben connesso, con pareti rivestite fino all’altezza di due metri con materiale sempre impermeabile e lavabile; sia il locale di lavoro che la sala di attesa devono essere illuminati e aerati direttamente dall’esterno; le pareti e i pavimenti del servizio igienico (composto da antibagno, WC, lavamano) devono essere lavabili. Se esiste un solo servizio igienico, questo dovrà essere utilizzabile anche dai portatori di handicap. La rubinetteria deve essere apribile con i gomiti.

Autorizzazione dell’ambulatorio infermieristico

L’infermiere interessato all’apertura dell’ambulatorio, dopo la ricerca del locale idoneo, dovrà presentare al Comune di riferimento la domanda di autorizzazione (come previsto dall’art. 193 RD 27 luglio 1934 n. 1265) seguendo il modello di domanda fornito dalla Federazione IPASVI.

Gestione dell’ambulatorio infermieristico

Ai fini del funzionamento dell’ambulatorio privato, sono necessari: il registro dei clienti; un raccoglitore per conservazione delle prescrizioni del medico ove queste costituiscano il presupposto per l’attivazione dell’intervento infermieristico; i bollettari a madre e figlia per il rilascio delle ricevute fiscali relative a compensi ricevuti dalla clientela; schedari per la conservazione delle cartelle infermieristiche o dell’altra modulistica adottata per la registrazione delle prestazioni.

Le singole Regioni stabiliscono, autonomamente, quali requisiti strutturali ed organizzativi sono poi necessari per il tipo di ambulatorio che si intende aprire. Il rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 193 RD 27 luglio 1934 per l’apertura dell’ambulatorio presuppone una congrua attività istruttoria sull’idoneità igienico-sanitaria che coinvolge non solo gli ambienti in senso stretto, ma, più in generale, l’affidabilità della struttura nel suo complesso, tenendo conto anche delle attrezzature, delle apparecchiature e della loro organizzazione e conduzione da parte del soggetto richiedente, nonché di ogni altra circostanza che possa comunque influire sulla qualità del servizio.

Ricapitolando, ecco la lista dei 10 punti per aprire l’attività:

la volontà di fare impresa, di mettersi in gioco e di mettersi continuamente in discussione;

    1. una innata capacità manageriale

      , di lavorare in team e di operare a contatto con pazienti potenzialmente sempre diversi e con patologie e richieste assistenziali differenti;
    2. competenze

       acquisite sul campo o provenienti da tirocini e corsi di formazione altamente specializzanti (lavorare in un ambulatorio o al letto del paziente in ambito privato richiede delle conoscenze che purtroppo l’Università non fornisce integralmente durante la Laurea triennale);
    3. un capitale proprio

       (dai 5.000 ai 25.000 euro in base a ciò che si vuole realizzare); occorre prevedere di:
        • affittare una struttura idonea (se non si è proprietari di beni immobiliari atti allo scopo);
        • acquistare le attrezzature necessarie (per esempio scrivania, sedie, scaffali, vetrinette, lettino, fonendo, sfigmomanometro, glucometro, saturimetro, termometro digitale, macchina per aspirazione tracheale, centimetro da balia, asta porta flebo, borsa attrezzata per l’assistenza domiciliare ed altro);
        • comprare i presidi medicali e tecnici occorrenti per la gestione delle lesioni cutanee (forbici, materiale per debridement, cura e gestione delle ferite, fasciature, fasce elastiche, medicazioni avanzate, garze sterili e non sterili, disinfettanti, soluzione fisiologica, sondini naso-gastrici, sondini per aspirazione tracheale e per raccolta escreato, cateteri vescicali e sacche di raccolta urine, creme medicali utilizzabili per automedicazione ed altro);
        • dotarsi di materiale per analisi di sangue, urine, escrementi e carica batterica (aghi, sistema sottovuoto per i prelievi, provette, contenitori sterili e non sterili per le urine, contenitori per la raccolta dell’escreato e delle feci, vari tipi di tamponi e via discorrendo);
        • locare o acquistare mezzi di locomozione a seconda delle esigenze assistenziali dei richiedenti le cure (auto, bici, moto ed altro);
        • acquistare un computer e dei software per la gestione della clientela e del magazzino;
    4. una rete di conoscenze e di amicizie

       (senza una rete di contatti è molto difficile iniziare; potrebbe essere utile la complicità di colleghi che lavorano in strutture sanitarie; il passaparola e i consigli degli amici possono rivelarsi molto utili nella fase di lancio della vostra attività imprenditoriale; cercate di stipulare accordi con strutture che si occupano di analisi di laboratorio, assistenza domicilia, gestione dei presidi ed altro);
    5. un sistema informativo all’avanguardia

       e in linea con le regole del mercato di nuova generazione; dovete essere social e raggiungere i vostri potenziali clienti direttamente sul loro cellulare o sullo smartphone/tablet dei loro congiunti e care-giver (dotatevi di un buon sito internet e aggiornatelo costantemente per esempio con la le vostre esperienze assistenziali positive o magari pubblicando novità che riguardano il vostro lavoro; create una pagina professionale su Facebook, un profilo su Twitter, un account su Google+ e registratevi a Google My Bussiness; dotatevi di un numero Whatsapp per raggiungere o farvi raggiungere gratuitamente e con estrema immediatezza);
    6. una buona assicurazione

       che riesca a coprire un massimale di almeno 5/10 milioni di euro e sia la parte civile, sia la parte penale (obbligatoria per i liberi professionisti, a tutela degli utenti che giustamente pretendono, se si sbaglia, di essere risarciti); soprattutto all’inizio della vostra attività, con poca esperienza, potreste anche involontariamente creare dei danni, per questo mettetevi al sicuro;
    7. un sostituto

       del vostro stesso livello professionale/esperienziale nel caso di assenze non programmate per malattia o infortuni (garantire la qualità e la continuità dell’assistenza significa fidelizzare la clientela e offrire una tangibile qualità del servizio);
    8. una segretaria

       o un sistema di segreteria informatizzata (ci sono tante aziende che rispondono alle chiamate, prendono i contatti e gestiscono la clientela per voi; i costi non sono esagerati ed è possibile aderirvi con un semplice abbonamento “on line”); non pensate di poter fare tutto da soli, i soldi spesi per un aiuto saranno presto ben ripagati;
    9. momenti da dedicare a voi stessi e ai vostri cari

       (staccare dal lavoro e prendersi qualche ora di tempo per fare sport, uscire con il partner, andare a cena con amici, vedere un film al cinema, seguire un concerto, andare a ballare in discoteca via aiuta a staccare dal lavoro e a recuperare la lucidità e il riposo necessario per la vostra sicurezza e soprattutto per la sicurezza dei vostri assistiti).

Per maggiori approfondimenti, potete consultare il Vademecum della Libera Professione Infermieristica, realizzato dalla Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi in collaborazione con la cassa previdenziale Enpapi.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT Opera d’arte; fiscalità ed adempimenti fiscali, In questo articolo vediamo i passi fondamentali da seguire per essere in regola con i tuoi Non Fungible Token (o NFT); a non commettere errori che potrebbe procurarti parecchi problemi.

Per fare questo vi racconterò la mia esperienza nel mondo delle criptovalute come investitore, spesso parlo ai clienti di come stare in regola, ma pochissimi conoscono la mia storia, iniziata nell’ottobre del 2017.

I Non Fungible Token (di seguito anche NFT), possono essere definiti come “rappresentazione digitale di valore che incorpora un diritto su un bene, fisico o digitale, che utilizza la crittografia, archiviato su una blockchain.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

Spesso abbiamo visto utilizzare gli NFT come bene che incorpora un diritto su un opera d’arte.

In questo articolo proverò a fare chiarezza sulla disciplina fiscale degli NFT, sugli adempimenti connessi alla loro detenzione, acquisto e vendita.

Gli NFT che incorporano un diritto su un opera d’arte, sono considerati beni digitali, sono trattati, fiscalmente, per assimilazione , alla relativa disciplina.

Il trattamento fiscale della cessione di opere d’arte non trova specifica disciplina nel Tuir ed è oggetto di un ampio contenzioso, che si incentra sull’eventuale rilevanza impositiva delle cessioni e sull’individuazione della più appropriata categoria di reddito.

La prima distinzione da fare è quella che considera il soggetto che pone in essere le operazioni, se lo fa in maniera professionale oppure non professionale ed, in questo ultimo caso, se capire se questo sia un commerciante occasionale ovvero un collezionista.

Il mercante d’arte

In base all’articolo 55 del Tuir, sono produttive di reddito d’impresa le attività indicate nell’articolo 2195 del Codice civile (tra cui l’intermediazione dei beni), se esercitate in modo professionale e abituale, ancorché non esclusivo, e anche se non organizzate in forma d’impresa.

Si può quindi affermare che produce reddito d’impresa l’intermediazione di non fungible token esercitata in modo professionale e non occasionale, indipendentemente dall’esistenza di un’organizzazione (necessaria solo per le attività diverse da quelle di cui all’articolo 2195 del Codice, sicché non appare corretto escludere l’attività imprenditoriale in quanto non è “organizzata”, come si legge ad esempio nella Ctr Toscana 826/31/2016).

Ciò può verificarsi, per consolidata giurisprudenza (si veda, ad esempio, la Cassazione 15931/2021 in materia di costruzione di unità abitative), anche in occasione della conclusione di un unico affare, qualora esso presenti una notevole rilevanza economica e, soprattutto, implichi il compimento di più atti prodromici.

Il collezionista

A differenza del mercante d’arte, il collezionista di NON FUNGIBLE TOKEN, acquista le opere per soddisfare il bisogno personale di appagamento estetico, e non per finalità di lucro.

Il collezionista non opera per fine di lucro, non è organizzato e non fa operazioni ripetitive nel tempo.

Lo speculatore occasionale

Figura intermedia tra le due precedenti è quella dello speculatore occasionale: colui che, in maniera episodica, magari come forma di autofinanziamento del proprio hobby, decide di acquistare e cedere un’opera d’arte per trarne profitto. Tale operazione, che come detto richiede una (anche soltanto limitata) serie di attività, può costituire un reddito diverso ex articolo 67, lettera i), del Tuir, come attività commerciale non abituale.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

Gli indici di attività commerciale

La distinzione tra le tre figure non può che dipendere da un approccio casistico, che consideri (come chiarito dalla dottrina e dalla Cassazione 21776/2011) le modalità oggettive in cui si estrinseca l’attività di vendita e, solo su un piano indiziario, l’animus del cedente.

La peculiarità degli NFT

Un aspetto di estrema attualità legato alle opere d’arte riguarda il “fenomeno” degli Nft (non fungible token), che crea numerosi interrogativi ai fini dell’Iva.

l’Nft è una sorta di certificato digitale inserito in una blockchain che consente di dimostrare il proprio diritto (di utilizzo, di proprietà, eccetera) su un bene, che sia digitale o meno, o su dei particolari servizi (in particolare, rivolti agli aderenti di certe community)

NFT ed iva

Ci sono diversi tipi di NFT. Un primo tipo è quello che ti consente di partecipare ad una community.

Quello che rileva qui è la prestazione di servizio che sottostà al NFT, che diventa rilevante nel momento della esecuzione della stessa.

Quando l’NFT incorpora un bene fisico, se viene trasferito il bene fisico insieme al NFT, si ha una vendita di un bene attraverso un certificato, rappresentato dal non fungible Token.

NFT Opera d’arte; fiscalità adempimenti

NFT e quadro RW

Gli NFT, rappresentativi di un opera d’arte, quindi di un diritto sulla stessa, deve essere indicato nel quadro RW al pari di un opera d’arte. Se detengo un NFT che rappresenta il diritto su un opera di arte, che sia digitale o fisica, a mio parere sarebbe da indicare.

Esempio di compilazione RW per gli NFT

Il sig. Rossi il giorno 18 agosto 2021 ha comprato su OpenSea un NFT “cryptopunks” pagandolo 3 eth.

Il cambio a quella data era 1 eth = 2.567,24€. Al 31/12/21 lo stesso NFT ha un valore di vendita pari a 7 eth.

Il cambio a fine anno è €/eth = 3.235,98.

Vediamo di seguito come si compilano le varie celle:

  • cella 1: indicare il VALORE 1 (indica la proprietà degli eth)
  • cella 2: lasciare in bianco
  • cella 3: indicare il VALORE 17 (indica opere d’arte, specifico nel caso di NFT)
  • cella 4: lasciare in bianco
  • cella 5: indicare il VALORE 100 (per indicare la quota di possesso)
  • cella 6: indicare il VALORE 1 (valore di mercato)
  • cella 7: indicare il VALORE INIZIALE (costo di acquisto)
  • cella 8: indicare il VALORE FINALE al 31/12
  • cella 20: BARRARE CASELLA (indica che si presenta il quadro solo per il monitoraggio, senza la presenza di tassazione)

Pegno Mobiliare NON Possessorio

credito su pegno non possessorio

Il pegno mobiliare diventa non possessorio.

Una delle forme più antiche di finanziamento privato è il cosiddetto credito su pegno. Tornato in auge, negli ultimi tempi, a causa delle tante difficoltà economiche vissute da molte imprese. Oltre alle sempre maggiori difficoltà per l’accesso al credito bancario.

Vediamo come funziona il sistema per dare in garanzia qualsiasi bene mobile e/o immobile riservandosi l’uso ed il godimento. E comunque, ottenere un prestito ovvero una apertura straordinaria di credito bancario.

Ci occuperemo della normativa che disciplina il settore del credito bancario, quali sono le conseguenze se non si ripaga il debito contratto. Il meccanismo delle aste.

Quindi, valuteremo l’opportunità del credito su pegno, anche alla luce delle nuove tecnologie sugli smart contract ed il loro contenuto di patti ed immagini. I famigerati NFT (Non Fongible Token).

In fine segnaliamo le banche e le finanziarie che permettono di ottenere un piccolo prestito con il credito su pegno, almeno quelle principali. Le quali nonostante impieghino sempre più massicciamente la tecnologia in block chain non si prestano ancora alla realizzazione dei NFT.


SOMMARIO: Pegno Mobiliare NON Possessorio.

Come funziona il credito su pegno e che cos’è;

Il pegno non possessorio: quali le caratteristiche del contratto;

Il registro dei pegni non possessori;

La garanzia del prestito è il bene dato in pegno;

Quali oggetti si possono impegnare;

Valutazione del bene impegnato;

Nessuna istruttoria e tempi veloci;

Durata e riscatto;

A chi conviene;

Normativa e legge del credito su pegno;

Divieto del patto commissorio;

Lista istituti bancari che fanno credito su pegno.


Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Come funziona il credito su pegno e che cos’è

Chi cerca una soluzione di questo tipo è ovviamente un soggetto in gravi difficoltà economiche, costretto ad impegnare un bene posseduto, in genere oro. Per ottenere un piccolo prestito da restituire in un secondo momento.

Il funzionamento del credito su pegno è semplice, si dà in garanzia un bene di norma mobile, si ottiene un finanziamento. E se non si restituisce il prestito, il bene impegnato viene venduto all’asta dalla banca o altro soggetto finanziatore.

In particolare all’articolo 1 del DL 59/2016, approvato dal parlamento il 29 giugno 2016 (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Sono definite tutte le caratteristiche di questo che appare come nuovo contratto.

In questo approfondimento vediamo chi può farlo, su quali beni, quali caratteristiche ha il contratto. In cosa consiste la nuova formalità del “registro dei pegni non possessori”.

Cercheremo anche di tracciare un profilo contrattuale per la block chain.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Quali le caratteristiche del contratto

Il contratto costitutivo, che può essere generato come NFT su block chain, a pena di nullità. Deve risultare da atto scritto e registrato con le seguenti caratteristiche:

  • data di stipula indicazione del creditore;
  • indicazione del debitore e dell’eventuale terzo concedente il pegno;
  • descrizione del bene dato in garanzia;
  • indicazione del valore di commercio ed ammontare del prestito;
  • indicazione del credito garantito;
  • indicazione dell’importo massimo garantito;
  • modalità di pagamento degli interessi;
  • scadenza del rimborso del credito.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Il registro dei pegni non possessori

Il contratto così redatto è opponibile ai terzi solo se iscritto nel registro informatizzato (“registro dei pegni non possessori”) tenuto dall’Agenzia delle entrate: l’iscrizione determina il grado della garanzia e consente l’opposizione del pegno ai terzi e nelle procedure concorsuali.

Attenzione: il pegno non possessorio non si costituisce con l’iscrizione nel registro. Essendo sufficiente la conclusione del contratto. L’iscrizione consente però di rendere la garanzia sul bene pubblica e opponibile ai terzi.

A seguito di tale adempimento, inoltre, il contratto sarà opponibile anche nelle procedure esecutive, oltre che in quelle concorsuali.

Il pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito ed iscritto, non è opponibile a chi abbia acquistato con un precedente finanziamento. Un bene determinato che sia destinato all’esercizio dell’impresa e sia garantito da riserva della proprietà sul bene medesimo. Oppure da un pegno anche non possessorio, a condizione che il pegno non possessorio sia iscritto nel registro. E che al momento della sua iscrizione il creditore, informi i titolari della esistenza del precedente pegno non possessorio iscritto.

L’iscrizione deve indicare il creditore, il debitore, se presente il terzo datore del pegno, la descrizione del bene dato in garanzia e del credito garantito. Secondo quanto previsto dal comma 1 e. Per il pegno non possessorio che garantisce il finanziamento per l’acquisto di un bene determinato, la specifica individuazione del medesimo bene. L’iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di un’iscrizione nel registro effettuata prima della scadenza del decimo anno. 

Tutte le specifiche del registro sono rimesse a un decreto del MEF da pubblicare entro i 30 giorni dalla conversione in legge del decreto legge.

Al registro dell’ AdE si affianca la block chain, la quale come sappiamo si presta a rendere univoca qualsiasi transazione e/o accordo, ogni transazione/accordo è rappresentata da un NFT.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

La garanzia del prestito è il bene dato in pegno

Il richiedente un prestito consegna alla banca, ma anche alcune finanziarie fanno credito su pegno. Un bene in garanzia il cui valore è sufficiente a coprire la richiesta di credito effettuata.

In cambio otterrà il prestito. Corrispondente ad un valore di stima, che andrà restituito in una certa data con in più gli interessi stabiliti ed eventuali spese dovute. Se vogliamo, il credito su pegno è una particolare forma di prestiti senza garanzie. Se per queste ultime intendiamo una busta paga od un reddito che sia.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Quali oggetti si possono impegnare

Naturalmente, le banche e le finanziarie che offrono credito su pegno tendono ad accettare in garanzia beni facilmente valutabili e vendibili. Se non si ripaga il prestito ottenuto.

Viene da sè che, soprattutto, si possono impegnare oggetti in metalli preziosi, monete, argenteria di casa, orologi di lusso e gioielli. Ovviamente, si possono impegnare anche i diamanti, ma aspettatevi una valutazione certo non a vostro favore.

Sono accettati anche altri beni di valore, come i tappeti, quadri, soprammobili e così via. L’importante è che abbiano un valore sufficiente a coprire il credito richiesto (vedremo più avanti come funziona la normativa del credito su pegno al riguardo).

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Valutazione del bene impegnato

È bene precisare che l’ammontare del prestito che concede una banca che fa servizio di credito su pegno. Non sarà mai equivalente al valore stimato del bene che andrete ad impegnare.

Vedremo poi come funziona la normativa del settore. Comunque la legge stabilisce un valore massimo del prestito che non può superare la soglia dei 4/5 del valore di stima dell’oggetto impegnato. Per quanto riguarda i beni preziosi, ed i 2/3 nel caso di altre tipologie di beni.

Quindi, se decidiamo di impegnare un’anello d’oro che il perito della banca stima con un valore di 1.000 euro. Il prestito che ci verrà concesso corrisponderà ad un massimo di 800 euro. Nel caso di una autovettura, per esempio, valutata 6.000 euro, otterremo un finanziamento fino a 4.000 euro.

La ragione di questi limiti per legge è data dal fatto che in mancanza di riscatto del bene da parte del proprietario. La banca, o finanziaria che sia, può recuperare dalla vendita del bene all’asta sia il capitale equivalente al prestito concesso che gli interessi previsti.

Per evitare di accettare una valutazione troppo bassa, se decidete di impegnare un oggetto in oro. Dovete farvi un’idea più precisa nel momento in cui decidete di impegnare un oggetto di tipo equivalente. Valutando se il valore stabilito dal perito della banca, o della finanziaria, rispecchia il reale valore del vostro bene.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Nessuna istruttoria e tempi veloci

Normalmente, quando si richiede un prestito presso una banca o una finanziaria. Viene svolta la cosiddetta istruttoria creditizia, con cui si valuta l’affidabilità del futuro debitore.

Nel caso del credito su pegno il bene consegnato fa da garanzia e quindi non è necessaria un’istruttoria o indagine patrimoniale, come la vogliamo chiamare. Questa caratteristica rende il prestito ottenuto con il credito su pegno particolarmente veloce, quasi istantaneo nella sostanza. I documenti necessari alla richiesta del finanziamento sono semplicemente un documento di identità ed il codice fiscale.

Una volta valutato il valore del pegno la banca rilascia una polizza al portatore. Con la data del riscatto del bene impegnato e l’indicazione degli interessi da pagare, vale a dire del costo del prestito. Il credito su pegno, dal punto di vista della velocità di erogazione del capitale richiesto, è l’alternativa principale ai prestiti cambializzati.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Durata e riscatto

Per legge il credito su pegno può avere una durata che va da un minimo di 3 mesi ad un massimo di un anno. In media, le banche che erogano questo servizio stabiliscono una durata di 6 mesi. Che si può successivamente anche rinnovare pagando gli interessi maturati e il diritto fisso di custodia.

Scaduto il termine del prestito, stabilito nella polizza al portatore. Il cliente debitore ha le due possibilità, seguono:

  • Riscatto del bene e restituzione del prestito;
  • Messa all’asta dell’oggetto impegnato.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

A chi conviene

Se per convenienza si intendono gli interessi, allora ci sentiamo di dire a nessuno! La verità è che il credito su pegno è considerato rischioso e quindi è costoso e non certo conveniente in genere. Ma può essere una soluzione per chi non può accedere al normale settore creditizio. Quindi è possibile superare i limiti di banche e finanziarie. Per chi non passerebbe la fase dell’istruttoria creditizia, perché non ha una busta paga, un reddito dimostrabile. Oppure ha avuto problemi nella restituzione di un precedente prestito ed è inserito in una lista di cattivi pagatori.

A questo proposito, vi consigliamo la nostra guida alle centrali di rischio. Dove troverete tutte le informazioni su quali sono e come funzionano le banche dati dei cattivi pagatori. Dalla Centrale rischi di Banca d’Italia ai vari SIC, come CRIF, il più diffuso nel nostro paese. Chi si trova in questa situazione, oltre ai prestiti cambializzati. può provare la strada del prestito tra privati. Oppure anche del Social Lending, il prestito tra privati online che sta prendendo piede sempre di più anche in Italia. In quest’ultimo caso qualche garanzia può essere richiesta, ma non è una regola fissa.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Normativa e legge del credito su pegno

Il credito su pegno viene disciplinato da una normativa risalente addirittura al 1938 ed ancora in vigore. Parliamo della Legge n° 745 del 10 maggio 1938, rivisitata soltanto con il D.LGS. 1 SETTEMBRE 1993, N. 385. La garanzia di pegno si applica su cose mobili. La normativa stabilisce anche durata minima e massima del prestito ed altre caratteristiche che andiamo ad elencare:

  • Durata;
  • Polizza al portatore;
  • Stima del bene;
  • Vendita all’asta;
  • Diritto di restituzione.

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Divieto del patto commissorio

Un aspetto molto importante della normativa del credito su pegno. Riguarda la proprietà del bene nel momento in cui il debitore non restituisce il prestito ricevuto. L’argomento è decisivo, perché va a legiferare la differenza di prezzo tra la stima iniziale del bene. Ed il valore che lo stesso potrebbe avere al momento della vendita all’asta. Pensiamo, per esempio, ad un oggetto in oro o in un altro materiale prezioso, la cui quotazione può variare nel tempo. Come abbiamo detto in precedenza, in questo caso la banca deve versare al cliente l’eventuale differenza di prezzo. Non può incassarla, perché il bene non diventa di sua proprietà se il cliente non lo riscatta. Può solo venderlo per rientrare del capitale finanziato e degli interessi vantati. Il divieto del patto commissorio, che alcune banche potrebbero cercare di imporre al cliente, è normato dall’articolo 2744 del Codice Civile, che recita:

“È nullo il patto (1419) con il quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno (2796 e seguenti del c.c.).”

Pegno Mobiliare NON Possessorio:

Lista istituti bancari che fanno credito su pegno

Non sono poche le banche che effettuano questo servizio. Quindi vedremo la lista di quelle che, a nostro parere, ma anche per ricerche online effettuate da altri siti. Possono essere considerati gli istituti principali a cui è possibile rivolgersi per richiedere un credito su pegno.

Nella tabella seguente indicheremo anche varie caratteristiche del prestito che si può ottenere, compresi durata, interessi e costo totale. Mostreremo anche il Tan e il Taeg, così potrete farvi un’idea della convenienza o meno di questa soluzione rispetto ad altre opportunità. Come vedrete, comunque, il credito su pegno costa, non è certo a buon mercato. La tabella mostra le condizioni di un prestito per un bene impegnato con un valore di stima di 500 euro. Che quindi permette di ottenere un capitale finanziato di massimo 400 euro. Il costo totale viene calcolato, nei vari esempi, sommando il credito ottenuto e gli interessi dovuti. Questi esempi sono solo indicativi. In quanto le banche possono cambiare le condizioni del finanziamento anche con una certa frequenza. Quindi solo recandosi presso una filiale si può venire a conoscenza del costo reale del prestito.

Lista degli istituti bancari che fanno credito su pegno
BancaDurata (mesi)Prestito (euro)Costo totaleTan (%)Taeg (%)
Unicredit6400418,5010,509,46
Intesa San Paolo6400427,5010,7514,22
Ubi Banca6400426,00713,42
Carige4400420,5310,0016,20
Banca Sistema6400426,00713,42
Creval6400418,849,859,64
Banca di Asti6400423,509,0012,10
Banco Bpm6400427,609,8014,28
Carifermo6400418,005,009,20

Cessione crediti: Tra privati?

Cessione crediti: Tra privati?

Cessione crediti: Tra privati? C’è ancora la possibilità di optare per la cessione del credito tra privati per bonus edilizi? Questa la domanda che si pongono molti contribuenti con i crediti incagliati.

Sul blog ci siamo occupati in varie occasioni dei bonus fiscali legati alla casa.

La normativa inerente il Superbonus e altri bonus edilizi con cessione del credito sta destando dubbi e perplessità a causa del costante mutamento delle norme. La confusione non viene meno nonostante l’Agenzia delle Entrate pubblichi costantemente nuovi documenti miranti a chiarire perplessità.

Molti si chiedono se ad oggi è possibile cedere le quote delle proprie detrazioni fiscali derivanti dall’esecuzione dei lavori previsti dall’articolo 121 del decreto Rilancio a privati, ad esempio a un amico che ha sufficiente capienza fiscale.
Diciamo fin da subito che le possibilità residue sono davvero poche, ma vediamo in quali casi si può optare per la cessione del credito tra privati.

Cessione dei crediti tra privati

Cessione del credito tra privati conviventi e familiari

Le strade percorribili per riuscire a liquidare i crediti maturati sono diverse, ma tutte abbastanza strette.
Chi ha effettuato lavori e si ritrova con i crediti incagliati, non ha sufficiente capienza fiscale per sfruttare in autonomia le detrazioni fiscali, può provare a far utilizzare la detrazione da altro soggetto titolato, cioè da un soggetto che fin dall’inizio avrebbe potuto eseguire i lavori e utilizzare il credito di imposta in detrazione.

Si tratta di:

  • proprietari, anche solo di una quota, di diritti reali di proprietà sull’immobile, ad esempio nel caso di immobile che risulta essere di proprietà di due o più soggetti (un fratello e una sorella, genitore/ figlio, marito/moglie);
  • detentori dell’immobile, come gli inquilini, ma rientrano in questa categoria anche i comodatari, in questo caso è necessario che il contratto di locazione sia antecedente rispetto all’avvio dei lavori.

Possono sfruttare il credito di imposta maturato con i bonus edilizi anche i familiari conviventi.

Come chiarito nella circolare 28/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate, possono ottenere la detrazione non solo i familiari del proprietario, ma anche i familiari del detentore, ad esempio l’inquilino.

Sono considerati familiari che possono quindi portare in detrazione le spese sostenute per il Superbonus e altri bonus edilizi, i soggetti elencati nell’articolo 5 del Tuir, cioè il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.

Questi devono però essere conviventi con il “beneficiario principale” per potersi avvalere delle detrazioni, in compenso non hanno bisogno di un contratto di comodato per poter ottenere i vantaggi fiscali.
La convivenza può essere anche autocertificata, ma deve sussistere al momento dell’avvio dei lavori.

Cessione dei crediti tra privati; c’è ancora spazio?

Abbiamo parlato della possibilità per alcune categorie di persone che hanno capienza fiscale di approfittare delle detrazioni al posto dell’originario beneficiario. C’è da chiedersi se è possibile praticare la cessione del credito tra privati vera e propria, ad esempio cedere il credito a un amico che ha capienza fiscale.

Ci sono poche, residue, possibilità.

In particolare la normativa prevede l’opportunità di un’unica cessione tra privati e quindi non nei confronti di banche o altri intermediari, ma solo nel caso in cui non si sia incappati già nel blocco previsto dal Dl 11/2023.
La cessione doveva inoltre essere effettuata entro il 31 marzo 2023 per le spese del 2022 ed essere per intero.
L’acquirente può utilizzare il credito per compensare le proprie imposte con il modello F24 oppure potrà, a sua volta, cederlo, ma in questo caso, trattandosi di ulteriore cessione, l’operazione potrà essere effettuata solo in ambiente controllato, cioè nei confronti di banche o altri intermediari finanziari e assicurativi.

In questo campo non c’è spazio per la remissione in bonis, questa prevede la possibilità con una sanatoria di 250 euro di effettuare la cessione del credito entro la fine del mese di novembre, ma questa possibilità può essere sfruttata solo nel caso in cui la cessione avvenga in ambiente controllato.

Come nascono i crediti incagliati?

Le difficoltà di coloro che hanno effettuato lavori edili pensando di poter sfruttare la cessione del credito e lo sconto in fattura iniziano nel momento in cui aumentano i controlli.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate 23 del giugno 2022 prevedeva la responsabilità in solido tra il beneficiario del Superbonus e il cessionario in caso di anomalie nell’uso delle detrazioni fiscali.

La circolare, poi attenuata nei suoi effetti, prevedeva che se in sede di controllo fossero emersi crediti eccessivi rispetto ai lavori o non fossero sufficientemente provati i lavori dichiarati, trovasse applicazione la responsabilità in solido tra coloro che avevano partecipato alla cessione del credito.

Di conseguenza le banche potevano ritrovarsi in mano crediti fiscali che in realtà erano carta straccia. La circolare ha portato molti potenziali cessionari del credito a valutare con particolare attenzione le pratiche da portare avanti chiedendo anche asseverazioni dei lavori eseguiti attraverso video e rifiutando numerose operazioni per evitare rischi.

Questo è uno dei motivi per i quali poche banche riaprono ancora ad oggi alla cessione del credito.

Il successivo atto che va a creare un vero imbuto di crediti incagliati è il decreto Cessioni che crea una vera e propria barriera tra il prima e il dopo rispetto all’entrata in vigore il 16 febbraio 2023.
Il risultato è che molte persone si ritrovano con crediti nei cassetti fiscali che non riescono a smaltire e si chiedono verso quali soggetti è possibile praticare la cessione per i crediti maturati prima del blocco delle cessioni del credito.

Molti si chiedono se è possibile cederli a familiari. Ragion per cui sicuramente l’Agenzia delle Entrate dovrà provvedere a pubblicare nuove circolari esemplificative.

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Rating di legalità: Modello 231/01

Il rating di legalità contiene il modello 231/01 delle imprese.

Rating di legalità: Modello 231/01 delle imprese.

Il rating di legalità è uno strumento importante per valutare la conformità normativa e la reputazione delle aziende anche di quelle pubbliche.

Il modello organizzativo 231/01, noto anche come “Modello 231”, è il sistema di organizzazione e gestione adottato dalle aziende per favorire e valutare l’adeguato assetto organizzativo.

Il Modello 231 è utile anche per limitare la responsabilità amministrativa derivante da reati commessi dai propri dipendenti nell’esercizio delle attività aziendali. Questo modello di condotta è disciplinato dal Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300
. (G.U. n. 140 del 19 giugno 2001)

Rating di legalità: Modello231/01; Di seguito elenchiamo i punti salienti del Modello 231:

  1. Ambito di applicazione: Il Modello 231 si applica a tutte le aziende, associazioni, enti e società di capitali italiane, sia pubbliche che private, operative.
  2. Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Il Modello 231 stabilisce che le persone giuridiche possono essere ritenute responsabili dei reati commessi dai propri dipendenti o rappresentanti.
  3. Reati previsti. Il Modello 231 elenca una serie di reati per i quali le persone giuridiche possono essere ritenute responsabili. Tra essi la corruzione, frode, riciclaggio di denaro, finanziamento illecito dei partiti politici e altri reati economici.
  4. Sistema di organizzazione e gestione. Il Modello 231 richiede alle aziende di adottare un sistema di organizzazione e gestione che includa misure di prevenzione e controllo finalizzate a evitare reati.
  5. Codice etico e procedure interne. Le aziende devono sviluppare un codice etico che stabilisca i principi e i valori guida dell’azienda e definire procedure interne che disciplinino le attività aziendali. Prevenendo il rischio di commettere reati.
  6. Nomina di un organismo di vigilanza. Le aziende devono nominare un organismo di vigilanza indipendente, incaricato di monitorare l’applicazione del Modello 231, segnalare eventuali violazioni e proporre miglioramenti.
  7. Addestramento del personale. È importante fornire un adeguato addestramento al personale dell’azienda affinché sia consapevole dei rischi di reato e dei meccanismi di prevenzione previsti dal Modello 231.
  8. Sanzioni. Il Modello 231 prevede sanzioni amministrative, quali multe e confisca dei beni, per le persone giuridiche ritenute responsabili di reati commessi nel contesto delle attività.

Questi sono solo alcuni dei punti principali del Modello 231.

È fondamentale che l’imprenditore; s’informi in modo più approfondito sulla normativa e si avvalga di consulenti legali specializzati per adeguare l’organizzazione aziendale a tale modello.

Rating di legalità: modello 231/01.

Il commercialista è abilitato per stilare un modello 231 ?;

No, il commercialista non è abilitato per stilare direttamente un Modello 231. La redazione e l’adeguamento del Modello 231 richiedono competenze specifiche in materia legale e di compliance.

Solitamente, per la stesura e l’implementazione del Modello 231, è necessario coinvolgere una figura professionale specializzata in diritto penale e compliance. Come ad esempio un avvocato esperto in diritto penale o un consulente legale specializzato nella normativa 231/2001.

Il commercialista può essere coinvolto nel processo di redazione e controllo del Modello 231/01 in quanto esperto in materia contabile e fiscale. Contribuisce però alla valutazione degli aspetti economici e finanziari legati all’implementazione del Modello 231 stesso.

Tuttavia, per garantire la corretta applicazione della normativa 231/2001, è consigliabile consultare un esperto legale qualificato. Per essere guidati nella stesura e nell’adeguamento del Modello 231 in base alle specifiche esigenze della azienda.